LA RI-NASCITA Rebirthing gestaltico
Per il bambino, il momento della nascita è traumatico, gli lascia un senso di solitudine, di abbandono rispetto al tutt’uno in cui abitava.
Il momento della nascita è in effetti il momento in cui ci separiamo dall’utero materno, quel luogo confortevole in cui fluttuiamo quasi in assenza di gravità, quindi senza dover impegnare troppe forze per muoverci, in cui non bisogna lottare per la sopravvivenza, quindi non dobbiamo respirare ne procacciarci il cibo perché è la madre a farlo per noi. Invece nel mondo esterno, siamo costretti ad adempiere a tutti i compiti dovuti al soddisfacimento delle funzioni basi per la sopravvivenza fisiologica da soli, e soprattutto a doverci procurare il nutrimento, dal cibo, all’amore in ogni sua forma. Siamo assolutamente dipendenti dalla figura materna o di chi ne fa le veci.
Però questa dipendenza assoluta ha senso solo nei primi anni di vita per queste ovvie ragioni, mentre, nelle fasi successive dello sviluppo, diventa fondamentale, che pian piano, ci si possa direzionare verso l’apprendimento di delle capacità individuali di soddisfare i propri bisogni.
Nella maggior parte dei casi riusciamo ad apprendere quasi subito le capacità di soddisfare i bisogni fisiologici di base, ma spesso si sottovalutano le capacità di soddisfare altri tipi di bisogni non meno importanti, anche se spesso vengono sottovalutati perché non sono strettamente correlati alla sopravvivenza, come la propria rassicurazione o consolazione.
Imparare a soddisfare questi tipi di bisogni diventa fondamentale per imparare ad andare verso la condizione dell’adulto. Dopo l’adolescenza, che dovrebbe essere un momento di transizione delle due fasi, cioè da bambino ed adulto, la persona dovrebbe essere capace di soddisfare i propri bisogni di rassicurazione e consolazione che determinano lo stato di buona qualità di vita psichica ed emotiva, e determinano anche la qualità di vita relazionale in ogni sua forma, in base ai ruoli che la persona abita. Per esempio i ruoli di padre, di madre, di compagno, di amante, il ruolo professionale ed altri.
Purtroppo per il soddisfacimento dei bisogni atti al prendersi cura di se, le cose si complicano. In modo naturale di solito questo dovrebbe avvenire quando noi stessi diventiamo genitori, ma è più facile, e con facile intendo meno complicato, esserlo per il nostri figli, anche se, proprio in questa fase della nostra vita ci rendiamo conto di quanto sia difficile prendersi cura di qualcuno ed esserne pienamente responsabili, piuttosto che con noi stessi.
Il figlio ci fa da specchio e di come il prendersi cura di lui sia la cosa più impegnativa. La difficoltà di imparare a prendersi cura di sé, dipende dalla nostra natura ad essere nevrotici, cioè appiccicati a noi stessi, alla disperata ricerca dell’unità. Un unità che purtroppo passa per una mono visione del mondo e di noi stessi, come se in noi debba per forza esserci un unico punto di vista, un'unica visione del modo, o tutto bianco o tutto nero, tralasciando i molteplici colori che sono fra le polarità. Imparare ad abitare fra le polarità è dato dall’apprendimento del vivere il paradosso espressivo-emotivo. Per esempio, sento il desiderio di abbracciarti ma anche il desiderio di spingerti e far coesistere entrambe le condizioni diventa difficile perché solo con un espressione paradossale è possibile farlo. Si impara attingendo alla propria creatività espressiva, che nasce dalla possibilità che ci diamo di stare con la frustrazione del non saper scegliere in che direzione andare, se verso l’abbraccio o lo spintone i questo esempio. Impariamo provando e sbagliando, e con sbagliando intendo verificare che quello che abbiamo messo in atto non ci piace.
Quindi non è possibile evitare di imparare a prendersi cura di se e per osservarlo basta accorgersi che in noi quel bambino che venne al mondo con l’obbligo di adattarsi a tutta questa difficoltà per semplicemente sopravvivere, è ancora presente in tutta la sua fragilità. Siamo venuti al mondo nella forma di bambino, abbiamo conosciuto la vita proprio in questo stato ed è proprio questo che ci condiziona l’esistenza.
In condizioni normali, qualcuno si è preso cura di noi quando eravamo piccoli e quindi ci siamo adagiati a questa condizione di comodo, invece la vita stessa è un continuo adattamento alle difficoltà e se si riesce a superarle come quando abbiamo superato per esempio dalla prima difficoltà come il respirare, che per noi oggi è diventato un processo automatico, o successivamente il camminare che ci portava ad un continuo oscillare e cadere, ma che solo avendo la forza di rialzarsi per noi oggi è diventato un normale processo procedurale.
Ogni volta che ci adattiamo ad una nuova difficoltà, per noi, la stessa difficoltà perde la sua stessa natura di esserlo o per lo meno non più con la stessa intensità. La sfida, in questo caso è imparare a superare la difficoltà di essere dipendenti delle cure altrui ma cercare il piacere di condividere le relazioni non il bisogno di averle. Io ti amo ma non pretendo che tu possa provare lo stesso per me. Se tu mi consoli o mi rassicuri ne sono molto felice ed è una delle cose che probabilmente cerco da te ma senza non mi dispero perché non sono più il bisognoso che ero ma l’adulto che è in grado di prendersi cura di sé.
La possibilità di “rinascere” anche se in forma simbolica, attraversando tutte le fasi, dal concepimento, al travaglio, alla nascita, può aiutarci a rivedere quel bambino e risentirlo sulla nostra pelle con tutti i nostri sensi e accorgerci che è ancora con noi e che noi oggi siamo capaci di prendercene cura.
Ri-nascere per accogliere l’essere individui in relazione a gli altri e non dipendenti da essi.
kierkegaard
Come esiste un ordine nel sistema stellare, così esiste un ordine in ogni sistema, da qui il termine costellazioni.
In ogni ordine sistemico, esiste una struttura fissa, che serve a mantenere vivo, il sistema stesso per la sua sopravvivenza.
Come esempio, possiamo prendere ordini sistemici tipo quello familiare, un sogno, l’ambiente lavorativo, una relazione sentimentale, il sistema intrapsichico (mondo interno), ecc...
Con sistema, intendiamo, un insieme di elementi coordinati tra loro in una unità funzionale.
Spesso siamo troppo “appiccicati” al sistema al quale apparteniamo, condizionati nelle scelte e nelle modalità espressive. Con un lavoro di costellazione possiamo provare, non solo a “vedere” come il nostro sistema di appartenenza è strutturato, se la sua forma è funzionale per la persona che vi appartiene, ma anche osservare se la posizione che occupiamo, è per noi, fonte di energia costruttiva o limitante per il nostro sviluppo e crescita personale.
A volte è come se fossimo dentro un meccanismo che ci porta ad essere ripetitivi, a sviluppare degli automatismi comportamentali, in una modalità che non ci appartiene del tutto, ma che fa parte del sistema in cui siamo “immersi”, per esempio, come quello familiare, uno dei più condizionanti.
(EGREGOR - LA MATRICE DEL MONDO)
Nella seconda parte, faremo esperienza diretta dell’influenza che il campo ha nei confronti del gruppo e su ogni singolo partecipante. Trattandosi di una visione olistica, dove l’insieme è più della somma delle singole parti, proveremo a lavorare con l’energia del campo, entità a se stante, percepibile, in grado di metterci in contatto con un campo esteso, transpersonale.
Il campo, inteso come spazio in cui un agglomerato di forze produce e sostiene un campo energetico, nel quale la nostra condizione umana viene ad essere condizionata e nel contempo condizionante del campo stesso, e ove gran parte di fenomeni rivelano contatti non-locali fra gli elementi.
Gli sciamani toltechi dell’antico Messico lo chiamavano “la forma umana”, l’egregor individuale. Poi descrivevano un campo-matrice, che tutti comprende o forma di istante in istante, lo stampo dell’uomo…
Essendo immersi nell’energia del campo, creato durante l’esperienza di gruppo, passeremo a sintonizzarci con le frequenze energetiche di un campo più esteso, che collega tutti gli altri esseri umani. Avremo così la possibilità di percepire, e sintonizzarci, a specifiche frequenze assolutamente inusuali, in modo da poter dare voce ad elementi del proprio inconscio, voci che aspettano da molto tempo di potersi esprimere; faranno la loro comparsa, durante la pratica, anche echi provenienti da egregor collettivi che, costellando gli elementi del sogno, avranno un occasione unica per esprimersi fisicamente e verbalmente.
Ciò avverrà armonicamente, spontaneamente, tramite la percezione estesa delle persone chiamate a rappresentare il sogno. “Io sono il tuo sogno e sono venuto per dirti che…”
Si tratta di un esperienza unica, certamente magnifica per le nostre sfere interiori!
Una chiave di visione e comprensione dei meccanismi alla base dell'esperienza personale. L'architettura della matrice è basata sulla normalizzazione di un potere, insito nelle profondità dell'uomo stesso, che rende il sognatore vittima del proprio inconsapevole sogno. L'incontro palesa uno scenario che aiuterà nella fluidificazione degli schemi mentali limitanti, predisponendo i partecipanti all'attivazione di forme più estese di attenzione, utili a penetrare coscientemente in realtà non convenzionali."
Il paradosso espressivo emotivo in scena (Psicodramma)
Siccome non esiste una ricetta per questo, l’unico modo per farlo è l’esperienza. Con questo strumento possiamo imparare, contattando la creatività intuitiva che è insita nella natura umana. E’ solo stata dimenticata da molti perché non allenati a prendere consapevolezza dell’emozione sentita e a riferirla all’oggetto che l’attiva. La creatività espressiva e intuitiva si attiva spontaneamente. Noi dobbiamo solo esercitarci per renderla più interessante ai nostri sensi, per esempio, migliorandone la forma estetica.
Le emozioni principali sono: paura, rabbia, tristezza, gioia. Quelle un po’ più complesse perché sono un “cocktail” di emozioni base sono: la gelosia, l’invidia, l’ansia…
Secondo l’accezione classica, recuperata dalla contemporaneità, il proprio corpo viene tradizionalmente considerato come il tempio più sacro in assoluto; in una relazione empatica c’è l’incontro di almeno due templi.
Seguendo tale visione, allora, l’incontro può diventare sacro sposando il punto di vista appena citato. Acquisire la visione del corpo come tempio sacro è per alcuni innata quindi scontata, ma per altri è un processo di apprendimento basato sull’attenzione alle sensazioni e sull’allenamento ad esercitare l’espressione di esse, cioè, la sensualità.
Questa metafora ci fa immaginare che, alla fine, niente è più importante del corpo. Noi siamo il nostro corpo anche se a volte crediamo di averlo, di conseguenza ce ne possiamo dimenticare. Il termine amore sta qui con un’accezione propositiva al prendersi cura, quindi di sé, in primis, e dell’altro. Uno scambio, appunto, d’amore. Amarsi, però, non è così scontato né facile. Molte volte si passa direttamente al sesso, un po' come animali o insetti. Il sesso è sicuramente interessante e piacevole, ma, si può fare molto di più se si passa per l’erotismo; non solo con lo scopo di arrivare al sesso, ma anche e soprattutto per esperirlo nella vita quotidiana in ogni tipo di relazione che a noi interessa intraprendere. Da quelle amicali a quelle genitoriali o di figliolanza, quindi, non solo a quelle di natura sessual sentimentali.
Durante questo esperienziale intensivo, ci approcceremo a diversi esercizi e tecniche specifiche per migliorare la qualità relazionale, oltre che a pratiche che aiutino a trascendere le energie sessuali in energie più raffinate. Tramite il piacere, quindi, è possibile arrivare a stati meditativi intensi in unione e in risonanza fra due individui o fra le istanze interne, passando per tecniche tantriche, taoiste e psicoterapiche.
Aperto a coppie di tutti i tipi: etero, omo, amanti, clandestine, consacrate, ecc…
Alcuni lo chiamano “anima”.
Ma per avere spazio espressivo, ha sopratutto bisogno di te, delle tue attenzioni, delle tue cure…
In questo esperienziale proveremo a prendere contatto con questa istanza, tramite tecniche meditative specifiche, per provare ad ascoltare almeno alcuni dei suoi bisogni primari.Lo scopo è quello di migliorare la qualità di vita della persona, che senza il contatto del bambino interiore, scende ad una qualità molto bassa.
Il sogno è un messaggio su ciò che non c’è, su quello che manca nella nostra esistenza e che evitiamo di vivere. Ma il messaggio del sogno è anche ricco e abbondante di materiale utile alla ri-costruzione e alla ri-assimilazione delle parti scisse e non integrate.
Questo laboratorio esperienziale, tramite tecniche di meditazione specifiche nel riagganciare sogni passati, o di svilupparne dei nuovi, offre ai partecipanti l’opportunità di un percorso di scoperta di sé e di integrazione volto ad incrementare il benessere personale e a migliorare la qualità della propria vita.
“Per aver paura ci vuole coraggio”.
La paura, è un’emozione biologicamente sensata, e proprio dal significato del termine possiamo leggerne il senso; emozione dal latino emovere “muovere da” portare fuori. Il sistema organismico, ha conservato in millenni di evoluzione, questa emozione, atta a portare fuori energia utile ad affrontare situazioni in cui è necessaria una maggiore forza o una particolare attenzione. La paura ci fa produrre adrenalina, utile, in caso di pericolo, ad allontanarci o ad andare verso l’oggetto o soggetto, che per noi è visto come pericoloso. Quando siamo “inondati” dall’adrenalina, siamo più forti, più veloci, più reattivi e anestetizzati. Ma, se l’adrenalina, di cui il nostro corpo è attraversato, non trova modo per essere rilasciata, può generare tensioni fisiche che possono portare ad un malessere fisico e psichico. Il rilascio dell’adrenalina è dato dall’azione o espressione fisica, partendo dall’accogliere le sensazioni che nel nostro corpo essa genera.
Ma ci sono diversi livelli di paura, essa è proporzionata al tipo di “pericolo”. Per esempio, se non avessimo un po’ di paura nel guidare l’automobile, la nostra attenzione alla guida non sarebbe sufficiente a farci arrivare “sani e salvi” a destinazione.
Non è importante nella vita quello che ci capita ma che cosa ne facciamo di quello che ci capita e rispetto a questo, la paura può aiutarci a fare molto o poco, di quello che ci succede, questo dipende da noi, dalla nostra consapevolezza e dal modo in cui decidiamo di trovare, grazie al contatto della nostra sfera creativa, una forma espressiva di essa.
Durante questo esperienziale proveremo a prendere contatto dei nostri stati d’ansia e con alcune tecniche psicoterapiche, cercheremo di prendere consapevolezza del “pericolo” da cui è generata e di trovare una forma creativa all’espressione di questa emozione, finalizzata al contesto.
Le spiegazioni da parte della classica visione medico e psicologico meccanicistica sono sempre le stesse: difese immunitarie basse, scarsa o inappropriata alimentazione, predisposizione genetica ecc...
Secondo la visione fenomenologica esistenziale olistica, la cosi detta malattia, può essere considerata un’opportunità, dataci dal nostro organismo, per prendere consapevolezza di sé, dei propri bisogni, desideri ed emozioni. Secondo la visione della psicoterapia e medicina olistica, quella che noi chiamiamo malattia, cioè uno o più sintomi psico-fisici, nella maggior parte dei casi, è una fase di risoluzione ad una conflittualità intrapsichica. Una specifica reazione dell’organismo ad uno specifico stato emotivo esistenziale.
È come se il nostro corpo ci “gridasse” per essere ascoltato. Questo accade in relazione al fatto che spesso non siamo nella condizione di poterci ascoltare, causa il continuo dialogo interiore subito durante la vita quotidiana; il sistema biologico, in questo caso utilizzerebbe così un canale del tutto eccezionale, un canale “d’emergenza”, come il sintomo.
Tramite la meditazione, possiamo provare ad ascoltarci e quindi a prevenire le reazione dei conflitti interni ai quali non si è prestata abbastanza attenzione.
Perciò dovete sempre tenere presente che una via è soltanto una via.
Se sentite di non doverla seguire, non siete obbligati a farlo in nessun caso.
Ogni via è soltanto una via.
Non è un affronto a voi stessi o ad altri abbandonarla,
se è questo che vi suggerisce il cuore.
Ma la decisione di continuare per quella strada, o di lasciarla,
non deve essere provocata dalla paura o dall’ambizione.
Vi avverto: osservate ogni strada attentamente e con calma.
Provate a percorrerla tutte le volte che lo ritenete necessario.
Poi rivolgete una domanda a voi stessi, e soltanto a voi stessi.
Questa strada ha un cuore?
Tutte le strade sono eguali.
Non conducono in nessun posto.
Ci sono vie che passano attraverso la boscaglia, o sotto la boscaglia.
Questa strada ha un cuore? E’ l’unico interrogativo che conta.
Se ce l’ha è una buona strada.
Se non ce l’ha, è da scartare."
Carlos Castaneda,
Tramite tecniche meditative atte all'induzione dello stato del sogno lucido, proveremo a prendere contatto con quello che per noi è la "missione" della nostra vita, in altre parole quello che per noi è più sensato intentare in base ai nostri talenti e doti.
Un esperienza di pratica delle arti dello shamanesimo toltecho. Dalla parte teorica introduttiva alla parte pratica in cui faremo esperienza delle diverse tecniche atte al raggiungimento della consapevolezza del sé direzionata verso una maggiore libertà decisionale delle proprie azioni e non azioni.
Tecniche:
Perdere la storia personale. Spostare il punto di unione per raggiungere stati di consapevolezza intensa. La morte come consigliera in contrapposizione al comportarsi come immortali. Consapevolezza dei Voladores. Passi magici. Ricapitolazione. Arte dell’agguato. Arte del sognare. Ascolto dello spirito. Silenzio interiore. Intento. Il fuoco dal profondo.
Regalati o regala questa esperienza unica nel suo genere.
Il bagno di suoni analogici di questo tipo è un'immersione nel suono che induce la meditazione spontanea, facilita la circolazione di energia vitale in tutto il corpo, favorisce il rilascio di stress, tensioni e dolori , risveglia la coscienza di trasformazione, sincronizza i due emisferi cerebrali, armonizza i corpi fisico/mentale/emozionale, dona un profondo senso di pace e benessere.
Ogni singola cellula del corpo viene massaggiata dolcemente e stimolata a riarmonizzarsi, agendo sui liquidi: il nostro corpo è composto per la maggior parte di acqua.
MASSAGGIO DELLO SBLOCCO EMOTIVO
Questo tipo di trattamento permette al corpo di aprire il respiro e con esso le emozioni che sono rimaste bloccate nelle nostre esperienze di vita. Sbloccare le emozioni ci permette di essere liberi e fluidi. Ci distacca dallo stress e dalle paure accumulate nel tempo.
MASSAGGIO EMOZIONALE PROFONDO
Questo tipo di massaggio permette a due individui di entrare in un contatto emotivo e fisico profondo. La persona che riceve il trattamento è in uno stato di accoglienza e si permette di ricevere quello che la persona che lo esercita si sente di donare. Una pura esperienza di piacere senza aspettative.
FRONTEGGIARE LA VITA SENZA MASCHERE O CON QUELLE CHE VOGLIAMO
Imparare ad essere consapevoli di che tipo di mascara portiamo e in che modo la usiamo nella vita. Una volta imparato a riconoscere il nostro ruolo o ruoli fissi, possiamo imparare ad usarli nel modo più funzionale o provare a cambiarli qualora ci potesse interessare fare nuove esperienze di ruolo. La vita vissuta senza consapevolezza scorre inesorabilmente verso la fine in un tempo accartocciato nella routine, la più limitante delle condizioni umane. Anche se si instaurano le routine a scopo funzionale, per aiutarci a limitare i potenziali pericoli che possono sorgere dall’ignoto, alla fine ci lasciano intrappolati nell’illusione del controllo dei pericoli ma che appunto si tratta solo di un’illusione e ci lasciano rigidi di fronte ai cambiamenti che sono inevitabili. Quando ci piomba addosso qualcosa, se siamo rigidi ci possiamo spezzare ma se siamo flessibili possiamo trascendere la difficoltà con più risorse.
In questo intensivo si propone la possibilità di immergersi nell’esperienza della morte in senso figurato; la stessa, vissuta come spunto riflessivo e meditativo, può quindi essere messa propriamente in scena. Questo allo scopo di trascenderne la paura che, costantemente, ci attanaglia in ogni esperienza della vita, rendendo la vita stessa un continuo evitamento dell’esperienza in tutta la sua essenza.
Aprirsi alla morte vuol dire aprirsi alla vita.
Cercheremo appunto di trasformare la paura della morte in uno stato attentivo che migliorerà la qualità della vita. Essa migliora portando presenza al momento, che, a sua volta, amplifica l’intensità emotiva e la responsabilità delle nostre scelte, a supporto dello stato di coscienza e non del senso di colpa. Trasformando la morte in una consigliera, sarà quella che ci starà al fianco non più come condanna da cui scappare ma come colei che ci ricorda che tutto può avere un sapore più intenso proprio perché è effimero. Che la morte ci trovi vivi quando giungerà a noi.
Nei diversi tipi di contatto possiamo sperimentare, un’esperienza empatica o proiettiva, cioè possiamo contattare l’altro con quello che ci arriva di esso, mettendoci nei “suoi panni”, oppure possiamo percepire il riflesso di noi stessi o di una terza persona.
Questa può essere un’esperienza piacevole o spiacevole ma quello che conta è riconoscere consapevolmente quello che sentiamo rispetto all’esperienza fatta e cosa vogliamo farci di quello che sentiamo.
Tutto ciò è fondamentale per migliorare la qualità di un rapporto, sia intimo, che di qualsiasi altra natura.
Durante l’incontro praticheremo alcune meditazioni tantriche, sia di tipo statico che dinamico.
Durante questa esperienza passata insieme, sperimenteremo varie forme di meditazione, portando un’attenzione particolare a sé stessi, quindi a quello che sentiamo e che desideriamo, permettendo alle energie del corpo e della psiche di fluire liberamente.
Propongo una meditazione guidata specifica, in uno dei giorni più bui dell'anno, per portare attenzione a quelle dinamiche, automatismi caratteriali ed intenti di cui siamo meno consapevoli. Approfittando del "buio" come metafora di ciò che è per noi meno visibile e su cui non portiamo attenzione nel nostro quotidiano.
SOLSTIZIO D'ESTATE
La Terra nel suo moto ellittico attorno al sole raggiunge il punto di declinazione massima nel solstizio d’estate dove per 3 giorni sembra quasi che il sole non si sposti dal suo percorso.
Quella del solstizio d’estate è una ricorrenza da sempre molto sentita, celebrata sin dalle primissime civiltà umane. In linea generale, si tende a ritenere che il fenomeno astronomico, determinando la giornata più lunga e soleggiata dell’anno, rappresentasse per i popoli antichi l’avvio di un periodo di fertilità, benessere e ricchezza. (forza-dualità Yin e Yang).
Allo stesso tempo, però, metaforicamente, si può intendere ed accogliere l'invito esistenziale a "fermarsi" per osservarsi ed osservare meglio quello che c'è nel quì ed ora della nostra vita quotidiana.
Gli attributi conferiti al sole e alla luce da esso generata in maggior quantità in questi giorni del solstizio, hanno anche una valida connotazione scientifica:
il nostro organismo, e in particolare, il sistema nervoso e quello endocrino riceve, attraverso la luce, preziosi stimoli che ne regolano il corretto funzionamento. Gli stimoli luminosi arrivano a determinate regioni come l’ipotalamo che regola la produzione di serotonina e di cortisolo, e l’epifisi che regola la produzione di melatonina. In questo modo, il sistema neuro-endocrino mantiene quella ciclicità che ci fa sentire bene.
Se questa ciclicità viene persa si determinano dei disturbi che possono causare sofferenza e scadimento della qualità di vita.
La luce è in grado d'influenzare le capacità di apprendimento e di disturbare l'umore, agendo su specifiche cellule della retina, le gagliari.
E' un fatto sperimentato che le variazioni di luce possono alterare negativamente l'umore e le funzioni cognitive: per esempio, l'esigua durata del giorno durante l'inverno, può portare a sindromi depressivi.
In questa meditazione (dal lat. meditāri, riflettere, iterativo di medēri ‘curare’), proveremo a portare attenzione al nostro organismo in questo stato di maggiore stimolazione serotonica e al nostro mondo interno, per osservare quegli aspetti personali della vita quotidiana in cui manca una spinta verso quello che più ci piacerebbe fare, sfruttando questa condizione organismica favorevole grazie alla quantità di luce che essa assorbe in questi giorni.
Spesso la rabbia diventa anche il “rifugio” da forti emozioni dolorose, tipo una grossa paura o forte tristezza, e diventa un “anestetico” naturale per esse. Infatti, quando ci si arrabbia, non si sentono il dolore e l’angoscia, perché siamo carichi di adrenalina.
Scopo del laboratorio è quello di lavorare su episodi specifici che hanno attivato la rabbia e imparare a trovare nuove modalità espressive per essa e di sperimentare specifiche forme di meditazione che aiutano a non allargare troppo il senso di possessività verso gli oggetti e soprattutto verso persone considerate, a volte, come tali.
(Robert Frost)
Poesia, dal gr. poiéō ‘faccio, produco’
La poesia come metafora dell’espressione del modo interno e di quello che ci suscita, in relazione alla nostra “anima”.
Metafora, dal gr. metaphorá ‘trasferisco’, porto fuori quello che ho dentro in una nuova forma linguistica che mi aiuta a far capire il senso di quello che provo all’altro.
In questo incontro praticheremo meditazioni specifiche che possano aiutare la persona a metaforizzare il senso di quello che si “sente”, in chiave poetica o semplicemente, metaforica, il “come se”…
L’esprimere tramite metafora o in forma poetica ciò che sentiamo è necessario per non accumulare tensioni emotive che generano malessere; oltremodo, il senso estetico del linguaggio prende forma tramite la poesia. Nel caso in cui una persona volesse, potrà portare piccoli brani poetici di suo gradimento da leggere per condividerli emotivamente con gli altri partecipanti, oppure semplicemente ascoltando l'effetto che fa...
La poesia non è fatta di queste lettere che pianto come chiodi, ma del bianco che resta sulla carta.
(Paul Claudel)
A una miriade di possibilità che mi si presentano e che continuamente cerco.
Ma cosa sto cercando? Cosa aspetto che mi arrivi?
Desideri di amore, di considerazione, di approvazione, di passione, di bisogni e ancora e ancora e ancora… basta!
Troppo. È troppo quello che voglio?
e molte volte forse è troppo poco… nel dubbio continuo, continuo a cercare, a cercare a cercare e ancora e ancora e ancora…
Durante questa esperienza, sperimenteremo varie forme di meditazione, portando un’attenzione particolare a sé stessi, rispetto alla possibilità di "perdersi" ma per poi "ritrovarsi" permettendo alle energie del corpo e della psiche di fluire liberamente.
Tutto è in relazione: dagli animali, alle piante, al mondo cellulare; per quest’ultimo, in particolare, si parla di metabolismo. Relazionarsi è, infatti, scambio. Noi, come persone, siamo in continua relazione - quindi in scambio - con tutto ciò che ci circonda e con il nostro mondo interno.
Dal momento della nascita iniziamo ad entrare in relazione con le persone intorno a noi, in particolare con la mamma. Senza questo scambio saremmo morti. Da un certo punto in poi diventa, tuttavia, necessario entrare in relazione con noi stessi (relazione intrapersonale), per far sì che le nostre relazioni interpersonali siano di buona qualità. Per esempio, il senso di solitudine, che di solito ci porta ad accontentarci oppure ad attaccarci a delle relazioni disfunzionali o poco interessanti, nasce dall’incapacità di essere in relazione di cura con noi stessi. In questo caso, è come se il bambino interiore non si sentisse preso in carico dal genitore interno che non riesce neanche ad immaginarselo, causa la mancata capacità riflessiva che ci permette di vederci e di empatizzare con noi stessi. Quel bambino interno si sente, allora, solo, abbandonato, in uno stato di vuoto terribile senza rassicurazione né consolazione alcuna; chiaramente, dunque, si attacca a chiunque gli dia un minimo di scambio relazionale, anche se di bassa qualità o, addirittura, di pessima qualità. Ciò gli è funzionale a non vivere l’angoscia della solitudine, quindi al senso di morte.
L’aiuto che un operatore può dare ad una persona è composto da molteplici aspetti in miriadi di sfumature. Tutto dipende dalle tecniche che utilizza e dalla sua capacità empatica ed intuitiva. Come tutte le cose, anche la relazione di aiuto si può apprendere, nonostante per alcuni sia una predisposizione.
Lo scopo di questo incontro è quello di portare alcuni esempi pratici di come poter aiutare ad aiutarsi nel mondo delle relazioni, quindi nella vita quotidiana.
E’ possibile una vita senza delusioni?
Questo il tema di questo laboratorio esperienziale, in cui tratteremo l’argomento e faremo pratica per imparare a vivere con meno delusioni possibili.
La Delusione nasce dall’ILLUSIONE. quel sentimento sfumato di rabbia, che nasce quando vediamo disattese le nostre ASPETTATIVE, quando gli eventi non corrispondono a ciò che credevamo, o speravamo.
Ma se gli eventi futuri non sono prevedibili come è possibile non vivere di delusioni nel momento in cui quello che accade non corrisponde con quello che vogliamo?
Teoricamente è semplice ma ovviamente dipende dalla pratica. Si tratta di imparare a DESIDERARE ma non PRETENDERE quello che vogliamo. Certo nel momento in cui quello che desidero non si avvera, probabilmente non ne sarò felice ma non mi sentirò neanche arrabbiato e sconfitto. Imparare a desiderare a cuor leggero non è facile, perché da bambini difficilmente ce lo permettevano veramente. C’è un detto che dice: “L’erba voglio non esiste nemmeno nel giardino del RE”. Il messaggio che passa è abbastanza castrante per un bambino che prova a desiderare usando un termine che coglie dalla società, soprattutto quando i genitori o le figure genitoriali, mal interpretano il termine “voglio”. E’ come se quando dicevamo voglio, per la logica dell’adulto si intendeva un “contratto” da rispettare assolutamente ed immediatamente. Questa mal interpretazione è causata dalla rigidità che acquisiamo con il tempo, che ci lascia molte delusioni alle spalle, per tutto quello che abbiamo voluto con forza ma con molta paura e scoraggiandoci solo nel permetterci di volerla, è come un “cane che si morde la coda”.
Sentirsi sconfitti abbassa l’auto-stima e può generare uno stato di paura riferito all’oggetto della delusione e potrebbe bloccarmi nel poter riprovare a fare quella determinata cosa in futuro, ma soprattutto la condizione che vivo è deleteria per il mio stato psico-fisico che tende ad accumulare queste tensioni emotive e non trova spazio all’espressione.
Durante questo esperienziale praticheremo alcune tecniche meditative atte a contattare queste voci interne, non solo per dare appunto voce a loro ma anche per poter creare un dialogo fluido o nel caso ossessivo lasciarle andare, con lo scopo di alleggerire o far fluire il carico emotivo che generano.
La vita di ognuno di noi, il nostro destino, sembra a volte legato all'altro. Il comportamento dell'altro nel quotidiano, nelle piccole e nelle grandi cose, può metterci in aspettativa...e quando le aspettative vengono deluse inevitabilmente si entra in crisi. Cosa fare? Ognuno di noi sceglie una soluzione: il diaologo, il quieto vivere, salvaguardare ciò che più ci sembra importante, rimandare il confronto, tradire, ignorare, provocare... tante altre ancora possono essere le possibili soluzioni, ma spesso nessuna ci appaga veramente e soprattutto nessuna è la soluzione definitiva.Cosa ci spinge a scegliere tante soluzioni ignorando cosa noi davvero desideriamo?
Sarebbe leggittimo chiedersi cosa manca nel nostro rapporto, cosa non siamo riusciti a costruire, cosa non avremmo voluto, in quale momento e perchè siamo andati in crisi, siamo davvero capaci di ascoltare noi stessi e l'altro, capire davvero i nostri bisogni e quelli dell'altro... e tant'altro ancora!
In questo laboratorio cercheremo di consapevolizzare ciò che accade nel quotidiano di ognuno nella relazione con l'altro e senza giudizio, cercheremo di trovare le strade percorribili più adatte a noi.
dal lat. meditāri, riflettere, iterativo di medēri ‘curare
La meditazione come forma di rilassamento, di attenzione a sé, ai propri bisogni, alle proprie emozioni, per gestirle ed esprimerle. Allo scopo di migliorare la qualità della vita. Aprirsi a quello che c’è, accogliendo quello che sentiamo e percepiamo ma anche concedersi la possibilità di lasciare andare tutto questo immenso “bagaglio” di emozioni e sensazioni, ci permette il naturale fluire delle energie psico-fisiche. In questa occasione la meditazione ci predisporrà all'accogliere i suoni dei gong, campane tibetane e altri strumenti a 432hz. "I suoni aiutano a risvegliare le virtù delle emozioni, al di là di accezioni positive o negative, comunemente utilizzate, in una visione più archetipica. Riportano un equilibrio armonico fra mente, spirito e "anima". I suoni guariscono gli stati di malessere fisico poiché toccano corde profonde e aiutano l'evoluzione emozionale e spirituale.
Meditazione guidata, accompagnati dai suoni dei gong, campane tibetane e di cristallo, campana tubolare 528hz, strumenti etnici ed evocativi, canto armonico. Il bagno di suoni analogici di questo tipo è un'immersione nel suono che induce la meditazione spontanea, facilita la circolazione di energia vitale in tutto il corpo, favorisce il rilascio di stress, tensioni e dolori , risveglia la coscienza di trasformazione, sincronizza i due emisferi cerebrali, armonizza i corpi fisico/mentale/emozionale, dona un profondo senso di pace e benessere. Ogni singola cellula del corpo viene massaggiata dolcemente e stimolata a riarmonizzarsi, agendo sui liquidi, visto che il nostro corpo è composto per la maggior parte di acqua.
-Ram Dass-
In questa occasione una meditazione sull'amore incondizionato.
La meditazione come forma di rilassamento, di attenzione a sé, ai propri bisogni, alle proprie emozioni, per gestirle ed esprimerle, per aprirsi a quello che c’è, all’accogliere e non al contrastare. Allo scopo di migliorare la qualità della vita.
(Durante il periodo di formazione in psicoterapia, un docente ci disse; “ so che non dovrei dirlo, perché va a sfavore della nostra professione, ma se tutti praticassero una qualsiasi forma di meditazione, il nostro mestiere non avrebbe senso di esistere”. Mi colpì molto quello che disse, e lì per lì rimasi dubbioso, ma dopo anni di pratica personale, colgo a pieno le sue parole.)
Questo il tema dell’ incontro esperienziale, dove praticheremo varie forme di meditazione canalizzatrici di queste energie. Lo scopo è di migliorare la qualità di vita della persona.
Quindi in ogni relazione, che si tratti di relazione di coppia, genitoriale, intrapsichica, ecc… è importante imparare
ad abitare questo spazio vuoto, cioè la distanza che c’è fra le parti.
Siccome questa distanza può variare ma non può mai essere colmata del tutto, l’unico modo per sopperire a questa "mancanza" è imparare a stare con il senso di vuoto,
che se vissuto con "presenza", con attenzione, può diventare "fertile", cioè da esso può emerge l’elemento terzo fra le due parti, cioè l'elemento relazionale specifico ed unico che si distingue in ogni relazione, è come se non si fosse più in due ma in tre, io tu e "noi". Questo è importante sia per le relazioni fra due individui che fra le proprie istanze interne. Dal "noi" può nascere, qualsiasi cosa se appunto rendiamo possibile la "fertilità" del vuoto che c'è fra le parti.
Durante questo incontro faremo esperienza meditativa dell’imparare ad abitare il vuoto, cercando di far emergere l’elemento "sano" della relazione fra gli individui e nell'individuo stesso.
Sentire la mancanza di qualcosa, avere bisogno di qualcosa.
Nella nostra cultura, spesso, alcuni desideri sono considerati peccato..
Durante questa esperienza passata insieme, sperimenteremo varie forme di meditazione, portando un’attenzione particolare a sé stessi, quindi a quello che sentiamo e che desideriamo, permettendo alle energie del corpo e della psiche di fluire liberamente, accompagnati dai suoni dei gong, delle campane tibetane e vari strumenti etnici.
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