Esempi di Laboratori (Workshop)

Auto-IPNOSI regressiva, Costellazioni oniriche e Bodywork

In questo esperienziale proveremo ad indurre, tramite tecniche meditative specifiche, accompagnati da suoni analogici a 432hz, quello che chiamiamo stato di sogno lucido, in cui la persona può prendere coscienza del proprio mondo onirico e decidere di muoversi al suo interno come meglio crede.

In gran parte sarà guidato ed accompagnato in specifici percorsi meditativi, sia per fare esperienza di questo stato di “realtà” che per avere un contatto diretto con il proprio mondo creativo ed emotivo, per prenderne consapevolezza e poter scegliere come esprimere e cosa farsene della propria esistenza, intentando intenzionalmente o, almeno, qualcuna, delle sue infinite possibili direzioni.

Approfittando di questo sbalzo spazio temporale, possiamo decidere, fra le varie cose, anche di regredire ad un tempo passato e modificare l’assetto interno che ci ha lasciato quella determinata esperienza. Si può regredire anche a quelle che alcune persone portano come esperienze di vite passate, che poco conta se si tratti effettivamente di vite passate, di universi paralleli, di viaggi astrali o di semplici sogni proiettivi, sempre se esistano queste realtà, ma quello che conta è che questo tipo di esperienza possa portare un miglioramento della qualità di vita della persona che l’esperisce.

Nella seconda fase del laboratorio, lavoreremo su quello che emerge dall’esperienza regressiva, oppure sulla difficoltà individuale di lasciarsi andare ad un contatto con il proprio modo interno, ma anche con temi personali di qualsiasi natura.

Le COSTELLAZIONI FAMILIARI ed ONIRICHE, e il BODYWORK, per esempio, sono alcuni degli strumenti psicoterapici che potranno essere usati in base alle richieste specifiche di ogni partecipante.

Le costellazioni sono un metodo che permette di rappresentare e “mettere in scena” (costellare), traumi, conflitti e problematiche varie, gli elementi di un sogno o di una esperienza ipno-regressiva (costellazione onirica).

Spesso siamo troppo “appiccicati” al sistema al quale apparteniamo, condizionati nelle scelte e nelle modalità espressive.

Con un lavoro di costellazione possiamo provare, non solo a “vedere” come il nostro sistema di appartenenza è strutturato, se la sua forma è funzionale per la persona che vi appartiene, ma anche osservare se la posizione che occupiamo è, per noi, fonte di energia costruttiva o limitante per il nostro sviluppo e crescita personale.

A volte è come se fossimo dentro un meccanismo che ci porta ad essere ripetitivi, a sviluppare degli automatismi comportamentali, in una modalità che non ci appartiene del tutto, ma che fa parte del sistema in cui siamo “immersi”, per esempio, come quello familiare, uno dei più condizionanti.

Il BODYWORK gestaltico, è un lavoro sul corpo che permette il ripristino dello spontaneo fluire energetico emotivo, “Il motivo per cui un muscolo rimane in stato di contrazione, è che il cervello continua, senza sosta, ad inviargli istruzioni in questo senso. Il respiro legge gli affetti. Gli affetti leggono il mondo”
Che il respiro legge gli affetti significa dunque che ne è
condizionato. Gli affetti, ovvero le emozioni, producono continuamente alterazioni ed interruzioni nel normale ciclo respiratorio. Che gli affetti leggono il mondo significa naturalmente che queste emozioni sullo sfondo, che hanno alterato il ritmo respiratorio, hanno anche una loro precisa percezione delle cose del mondo, delle persone e delle situazioni, delle esperienze che hanno vissuto. Le nostre percezioni della realtà, si formano come adattamento dell’organismo all’ambiente quando questo è stato portatore di esperienze ben precise e definite. Non si tratta dunque di “verità” su ciò che percepiamo del mondo, ma piuttosto di “ricordi e vissuti”, cioè rappresentazioni relazionali tra noi e il mondo, interiorizzate e conseguenti delle nostre esperienze interpersonali originarie. 
 
 
 

LA RI-NASCITA Rebirthing gestaltico

 

Per il bambino, il momento della nascita è traumatico, gli lascia un senso di solitudine, di abbandono rispetto al tutt’uno in cui abitava.

Il momento della nascita è in effetti il momento in cui ci separiamo dall’utero materno, quel luogo confortevole in cui fluttuiamo quasi in assenza di gravità, quindi senza dover impegnare troppe forze per muoverci, in cui non bisogna lottare per la sopravvivenza, quindi non dobbiamo respirare ne procacciarci il cibo perché è la madre a farlo per noi. Invece nel mondo esterno, siamo costretti ad adempiere a tutti i compiti dovuti al soddisfacimento delle funzioni basi per la sopravvivenza fisiologica da soli, e soprattutto a doverci procurare il nutrimento, dal cibo, all’amore in ogni sua forma. Siamo assolutamente dipendenti dalla figura materna o di chi ne fa le veci.

 

Però questa dipendenza assoluta ha senso solo nei primi anni di vita per queste ovvie ragioni, mentre, nelle fasi successive dello sviluppo, diventa fondamentale, che pian piano, ci si possa direzionare verso l’apprendimento di delle capacità individuali di soddisfare i propri bisogni.

Nella maggior parte dei casi riusciamo ad apprendere quasi subito le capacità di soddisfare i bisogni fisiologici di base, ma spesso si sottovalutano le capacità di soddisfare altri tipi di bisogni non meno importanti, anche se spesso vengono sottovalutati perché non sono strettamente correlati alla sopravvivenza, come la propria rassicurazione o consolazione.

Imparare a soddisfare questi tipi di bisogni diventa fondamentale per imparare ad andare verso la condizione dell’adulto. Dopo l’adolescenza, che dovrebbe essere un momento di transizione delle due fasi, cioè da bambino ed adulto, la persona dovrebbe essere capace di soddisfare i propri bisogni di rassicurazione e consolazione che determinano lo stato di buona qualità di vita psichica ed emotiva, e determinano anche la qualità di vita relazionale in ogni sua forma, in base ai ruoli che la persona abita. Per esempio i ruoli di padre, di madre, di compagno, di amante, il ruolo professionale ed altri.

 

Purtroppo per il soddisfacimento dei bisogni atti al prendersi cura di se, le cose si complicano. In modo naturale di solito questo dovrebbe avvenire quando noi stessi diventiamo genitori, ma è più facile, e con facile intendo meno complicato, esserlo per il nostri figli, anche se, proprio in questa fase della nostra vita ci rendiamo conto di quanto sia difficile prendersi cura di qualcuno ed esserne pienamente responsabili, piuttosto che con noi stessi.

Il figlio ci fa da specchio e di come il prendersi cura di lui sia la cosa più impegnativa. La difficoltà di imparare a prendersi cura di sé, dipende dalla nostra natura ad essere nevrotici, cioè appiccicati a noi stessi, alla disperata ricerca dell’unità. Un unità che purtroppo passa per una mono visione del mondo e di noi stessi, come se in noi debba per forza esserci un unico punto di vista, un'unica visione del modo, o tutto bianco o tutto nero, tralasciando i molteplici colori che sono fra le polarità. Imparare ad abitare fra le polarità è dato dall’apprendimento del vivere il paradosso espressivo-emotivo. Per esempio, sento il desiderio di abbracciarti ma anche il desiderio di spingerti e far coesistere entrambe le condizioni diventa difficile perché solo con un espressione paradossale è possibile farlo. Si impara attingendo alla propria creatività espressiva, che nasce dalla possibilità che ci diamo di stare con la frustrazione del non saper scegliere in che direzione andare, se verso l’abbraccio o lo spintone i questo esempio. Impariamo provando e sbagliando, e con sbagliando intendo verificare che quello che abbiamo messo in atto non ci piace.

 

Quindi non è possibile evitare di imparare a prendersi cura di se  e per osservarlo basta accorgersi che in noi quel bambino che venne al  mondo con l’obbligo di adattarsi a tutta questa difficoltà per semplicemente sopravvivere, è ancora presente in tutta la sua fragilità. Siamo venuti al  mondo nella forma di bambino, abbiamo conosciuto la vita proprio in questo stato ed è proprio questo che ci condiziona l’esistenza.

In condizioni normali, qualcuno si è preso cura di noi quando eravamo piccoli e quindi ci siamo adagiati a questa condizione di comodo, invece la vita stessa è un continuo adattamento alle difficoltà e se si  riesce a superarle come quando abbiamo superato per esempio dalla prima difficoltà come il respirare, che per noi oggi è diventato un processo automatico, o successivamente il camminare che ci portava ad un continuo oscillare e cadere, ma che solo avendo la forza di rialzarsi per noi oggi è diventato un normale processo procedurale. 

Ogni volta che ci adattiamo ad una nuova difficoltà, per noi, la stessa difficoltà perde la sua stessa natura di esserlo o per lo meno non più con la stessa intensità. La sfida, in questo caso è imparare a superare la difficoltà di essere dipendenti delle cure altrui ma cercare il piacere di condividere le relazioni non il bisogno di averle. Io ti amo ma non pretendo che tu possa provare lo stesso per me. Se tu mi consoli o mi rassicuri ne sono molto felice ed è una delle cose che probabilmente cerco da te ma senza non mi dispero perché non sono più il bisognoso che ero ma l’adulto che è in grado di prendersi cura di sé.

 

La possibilità di “rinascere” anche se in forma simbolica, attraversando tutte le fasi, dal concepimento, al travaglio, alla nascita, può aiutarci a rivedere quel bambino e risentirlo sulla nostra pelle con tutti i nostri sensi e accorgerci che è ancora con noi e che noi oggi siamo capaci di prendercene cura.

 

Ri-nascere per accogliere l’essere individui in relazione a gli altri e non dipendenti da essi.

 

 


COSTELLAZIONI FAMILIARI ESISTENZIALI

"La vita non è una domanda a cui dare una risposta ma un esperienza che merita di essere vissuta"
kierkegaard

Come esiste un ordine nel sistema stellare, così esiste un ordine in ogni sistema, da qui il termine costellazioni. 
In ogni ordine sistemico, esiste una struttura fissa, che serve a mantenere vivo, il sistema stesso per la sua sopravvivenza. 
Come esempio, possiamo prendere ordini sistemici tipo quello familiare, un sogno, l’ambiente lavorativo, una relazione sentimentale, il sistema intrapsichico (mondo interno), ecc... 
Con sistema, intendiamo, un insieme di elementi coordinati tra loro in una unità funzionale.

Spesso siamo troppo “appiccicati” al sistema al quale apparteniamo, condizionati nelle scelte e nelle modalità espressive. Con un lavoro di costellazione possiamo provare, non solo a “vedere” come il nostro sistema di appartenenza è strutturato, se la sua forma è funzionale per la persona che vi appartiene, ma anche osservare se la posizione che occupiamo, è per noi, fonte di energia costruttiva o limitante per il nostro sviluppo e crescita personale. 
A volte è come se fossimo dentro un meccanismo che ci porta ad essere ripetitivi, a sviluppare degli automatismi comportamentali, in una modalità che non ci appartiene del tutto, ma che fa parte del sistema in cui siamo “immersi”, per esempio, come quello familiare, uno dei più condizionanti.
 
 
COSTELLAZIONI ONIRICHE
(EGREGOR - LA MATRICE DEL MONDO)


Nella seconda parte, faremo esperienza diretta dell’influenza che il campo ha nei confronti del gruppo e su ogni singolo partecipante. Trattandosi di una visione olistica, dove l’insieme è più della somma delle singole parti, proveremo a lavorare con l’energia del campo, entità a se stante, percepibile, in grado di metterci in contatto con un campo esteso, transpersonale.
Il campo, inteso come spazio in cui un agglomerato di forze produce e sostiene un campo energetico, nel quale la nostra condizione umana viene ad essere condizionata e nel contempo condizionante del campo stesso, e ove gran parte di fenomeni rivelano contatti non-locali fra gli elementi.
Gli sciamani toltechi dell’antico Messico lo chiamavano “la forma umana”, l’egregor individuale. Poi descrivevano un campo-matrice, che tutti comprende o forma di istante in istante, lo stampo dell’uomo…
Essendo immersi nell’energia del campo, creato durante l’esperienza di gruppo, passeremo a sintonizzarci con le frequenze energetiche di un campo più esteso, che collega tutti gli altri esseri umani. Avremo così la possibilità di percepire, e sintonizzarci, a specifiche frequenze assolutamente inusuali, in modo da poter dare voce ad elementi del proprio inconscio, voci che aspettano da molto tempo di potersi esprimere; faranno la loro comparsa, durante la pratica, anche echi provenienti da egregor collettivi che, costellando gli elementi del sogno, avranno un occasione unica per esprimersi fisicamente e verbalmente.
Ciò avverrà armonicamente, spontaneamente, tramite la percezione estesa delle persone chiamate a rappresentare il sogno. “Io sono il tuo sogno e sono venuto per dirti che…”
Si tratta di un esperienza unica, certamente magnifica per le nostre sfere interiori!
Una chiave di visione e comprensione dei meccanismi alla base dell'esperienza personale. L'architettura della matrice è basata sulla normalizzazione di un potere, insito nelle profondità dell'uomo stesso, che rende il sognatore vittima del proprio inconsapevole sogno. L'incontro palesa uno scenario che aiuterà nella fluidificazione degli schemi mentali limitanti, predisponendo i partecipanti all'attivazione di forme più estese di attenzione, utili a penetrare coscientemente in realtà non convenzionali."

Il paradosso espressivo emotivo in scena (Psicodramma)


Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti.
(William Shakespeare)


Nella vita quotidiana, spesso, ci troviamo di fronte a situazioni cariche emotivamente. Alcune di queste ci piacciono molto e quindi ci fanno sentire bene, altre invece ci piacciono meno, o per niente, e ci mettono a disagio, provocando una sensazione di malessere.
Ciò che conta non è tanto quello che ci capita, ma quello che ce ne facciamo di quello che ci capita; come, cioè, lo usiamo per accrescere noi stessi.
Alcune situazioni, ci restano “appiccicate addosso”, proprio per la loro carica emotiva, spesso sono quelle dove noi non ci siamo proprio piaciuti per come abbiamo agito, per quello che abbiamo o non abbiamo fatto. Quella paura che ci ha paralizzato di fronte a quello specifico evento, quella rabbia che è esplosa o implosa.
Le emozioni, che proprio etimologicamente si riferiscono a ciò che è necessario portare fuori, sono appunto il “motore” organismico. Senza di esse non avremmo forza per fare nulla, né per vivere. Saremmo delle macchine. Allo stesso tempo, tuttavia, esse possono diventare insostenibili, perché la loro carica, sempre appropriata al contesto, potrebbe non essere retta dalla persona che vive un contesto troppo intenso o non riconosce la sua intensità. Se questo avviene, il soggetto può “ingoiare” l’emozione e quindi somatizzarla, oppure può “vomitarla” quindi agirla in modo inappropriato alla sua volontà. Spesso ciò accade perché quello che vogliamo e sentiamo può essere di molteplici nature, anche polarizzate, e ci sembra impossibile farle coesistere nel medesimo istante. Per questo, quello che cerchiamo di fare è provare ad esprimere le emozioni attivate, abitando il paradosso di farle coesistere, anche se sono opposte, in modo che possa essere canalizzata la loro energia in modo funzionale al contesto. Per esempio prendiamo il “Mi fai così arrabbiare… che ti soffocherei di baci”.
L’espressione parla sempre di sé e non dell’altro, nel senso che non giudica o accusa, ma espone quello che sente rispetto all’altro.
Siccome non esiste una ricetta per questo, l’unico modo per farlo è l’esperienza. Con questo strumento possiamo imparare, contattando la creatività intuitiva che è insita nella natura umana. E’ solo stata dimenticata da molti perché non allenati a prendere consapevolezza dell’emozione sentita e a riferirla all’oggetto che l’attiva. La creatività espressiva e intuitiva si attiva spontaneamente. Noi dobbiamo solo esercitarci per renderla più interessante ai nostri sensi, per esempio, migliorandone la forma estetica.
Le emozioni principali sono: paura, rabbia, tristezza, gioia. Quelle un po’ più complesse perché sono un “cocktail” di emozioni base sono: la gelosia, l’invidia, l’ansia…
Qualsiasi emozione contattiamo è senz’altro biologicamente sensata, ma quel sapore di “amaro in bocca” che resta è spesso legato all’insoddisfazione della mancata espressione dell’emozione toccata o della modalità che abbiamo scelto per esprimerla.
In questo laboratorio si propone la possibilità di poter sperimentare le qualità espressive, utilizzando lo scenario teatrale, nell’episodio che la persona si sente di affrontare o ripercorrere, con il supporto degli altri partecipanti. Praticheremo quello che tecnicamente viene chiamato lo psicodramma, una forma di psico-espressione teatrale. Lo scopo è quello di portare la persona a conoscere forme nuove di espressione emozionale ed esistenziale, per migliorare la qualità della vita, grazie alle immense risorse del campo relazionale che ogni partecipante al gruppo fornisce. I vari punti di vista spostano la persona verso l’affermazione di sé, passando da forme nuove ed accettabili per essa.
 

Il Tempio dell’amore (Sensualità, Erotismo e Sessualità)

Secondo l’accezione classica, recuperata dalla contemporaneità, il proprio corpo viene tradizionalmente considerato come il tempio più sacro in assoluto; in una relazione empatica c’è l’incontro di almeno due templi.
Seguendo tale visione, allora, l’incontro può diventare sacro sposando il punto di vista appena citato. Acquisire la visione del corpo come tempio sacro è per alcuni innata quindi scontata, ma per altri è un processo di apprendimento basato sull’attenzione alle sensazioni e sull’allenamento ad esercitare l’espressione di esse, cioè, la sensualità.
Questa metafora ci fa immaginare che, alla fine, niente è più importante del corpo. Noi siamo il nostro corpo anche se a volte crediamo di averlo, di conseguenza ce ne possiamo dimenticare. Il termine amore sta qui con un’accezione propositiva al prendersi cura, quindi di sé, in primis, e dell’altro. Uno scambio, appunto, d’amore. Amarsi, però, non è così scontato né facile. Molte volte si passa direttamente al sesso, un po' come animali o insetti. Il sesso è sicuramente interessante e piacevole, ma, si può fare molto di più se si passa per l’erotismo; non solo con lo scopo di arrivare al sesso, ma anche e soprattutto per esperirlo nella vita quotidiana in ogni tipo di relazione che a noi interessa intraprendere. Da quelle amicali a quelle genitoriali o di figliolanza, quindi, non solo a quelle di natura sessual sentimentali.
Durante questo esperienziale intensivo, ci approcceremo a diversi esercizi e tecniche specifiche per migliorare la qualità relazionale, oltre che a pratiche che aiutino a trascendere le energie sessuali in energie più raffinate. Tramite il piacere, quindi, è possibile arrivare a stati meditativi intensi in unione e in risonanza fra due individui o fra le istanze interne, passando per tecniche tantriche, taoiste e psicoterapiche.
Aperto a coppie di tutti i tipi: etero, omo, amanti, clandestine, consacrate, ecc…


IL BANBINO INTERIORE

Il tuo bambino è sempre lì, non cresce mai… ti accompagna, se ascoltato e contenuto, alla scoperta dei "sapori" e delle sensazioni della vita, verso la poesia che avvolge ogni cosa, con gli occhi dell'artista che scorge i dettagli del mondo. 
Alcuni lo chiamano “anima”.
Ma per avere spazio espressivo, ha sopratutto bisogno di te, delle tue attenzioni, delle tue cure…
In questo esperienziale proveremo a prendere contatto con questa istanza, tramite tecniche meditative specifiche, per provare ad ascoltare almeno alcuni dei suoi bisogni primari.Lo scopo è quello di migliorare la qualità di vita della persona, che senza il contatto del bambino interiore, scende ad una qualità molto bassa. 


IL MONDO DEI SOGNI

Più che “la via regia che porta alla conoscenza dell’inconscio nella vita psichica” (Freud) il sogno può essere considerato come un messaggio o una rappresentazione esistenziale. “Tutte le diverse parti del sogno sono frammenti della nostra personalità” e “dato che il nostro scopo è quello di fare di ognuno di noi una persona sana, il che significa una persona integrata, quello che dobbiamo fare è rimettere insieme i vari frammenti del sogno” (Perls).

Il sogno è un messaggio su ciò che non c’è, su quello che manca nella nostra esistenza e che evitiamo di vivere. Ma il messaggio del sogno è anche ricco e abbondante di materiale utile alla ri-costruzione e alla ri-assimilazione delle parti scisse e non integrate.

Questo laboratorio esperienziale, tramite tecniche di meditazione specifiche nel riagganciare sogni passati, o di svilupparne dei nuovi, offre ai partecipanti l’opportunità di un percorso di scoperta di sé e di integrazione volto ad incrementare il benessere personale e a migliorare la qualità della propria vita.


L’ANSIA, LA PAURA DI AVER PAURA

L’ansia è uno stato del nostro essere che oscilla fra l’evitamento e la presa di contatto della paura. Non essendo improntata in uno stato di “presenza”, ma tendenzialmente in uno stato di realtà potenziale, cioè futura, essa ci lascia in una condizione di pre-occupazione e non di occupazione di quello che in noi genera paura. Gli stati di ansia non “attraversati” a lungo andare, possono sfociare in stati di malessere fino ad arrivare a veri a propri attacchi di panico, o comunque abbassare il nostro livello di qualità di vita. Basta immaginare tutte le volte che l’ansia ci “assale”.
“Per aver paura ci vuole coraggio”. 
La paura, è un’emozione biologicamente sensata, e proprio dal significato del termine possiamo leggerne il senso; emozione dal latino emovere “muovere da” portare fuori. Il sistema organismico, ha conservato in millenni di evoluzione, questa emozione, atta a portare fuori energia utile ad affrontare situazioni in cui è necessaria una maggiore forza o una particolare attenzione. La paura ci fa produrre adrenalina, utile, in caso di pericolo, ad allontanarci o ad andare verso l’oggetto o soggetto, che per noi è visto come pericoloso. Quando siamo “inondati” dall’adrenalina, siamo più forti, più veloci, più reattivi e anestetizzati. Ma, se l’adrenalina, di cui il nostro corpo è attraversato, non trova modo per essere rilasciata, può generare tensioni fisiche che possono portare ad un malessere fisico e psichico. Il rilascio dell’adrenalina è dato dall’azione o espressione fisica, partendo dall’accogliere le sensazioni che nel nostro corpo essa genera. 
Ma ci sono diversi livelli di paura, essa è proporzionata al tipo di “pericolo”. Per esempio, se non avessimo un po’ di paura nel guidare l’automobile, la nostra attenzione alla guida non sarebbe sufficiente a farci arrivare “sani e salvi” a destinazione. 
Non è importante nella vita quello che ci capita ma che cosa ne facciamo di quello che ci capita e rispetto a questo, la paura può aiutarci a fare molto o poco, di quello che ci succede, questo dipende da noi, dalla nostra consapevolezza e dal modo in cui decidiamo di trovare, grazie al contatto della nostra sfera creativa, una forma espressiva di essa. 

Durante questo esperienziale proveremo a prendere contatto dei nostri stati d’ansia e con alcune tecniche psicoterapiche, cercheremo di prendere consapevolezza del “pericolo” da cui è generata e di trovare una forma creativa all’espressione di questa emozione, finalizzata al contesto. 


LA MALATTIA COME OPPORTUNITA’

Secondo la nostra cultura, la malattia, come appunto suggerisce la parola stessa, viene considerata un "male". Un male arrivato da chissà dove e perché, una sorta di grande sfortuna che all’improvviso ci piomba addosso. 
Le spiegazioni da parte della classica visione medico e psicologico meccanicistica sono sempre le stesse: difese immunitarie basse, scarsa o inappropriata alimentazione, predisposizione genetica ecc...
Secondo la visione fenomenologica esistenziale olistica, la cosi detta malattia, può essere considerata un’opportunità, dataci dal nostro organismo, per prendere consapevolezza di sé, dei propri bisogni, desideri ed emozioni. Secondo la visione della psicoterapia e medicina olistica, quella che noi chiamiamo malattia, cioè uno o più sintomi psico-fisici, nella maggior parte dei casi, è una fase di risoluzione ad una conflittualità intrapsichica. Una specifica reazione dell’organismo ad uno specifico stato emotivo esistenziale. 
È come se il nostro corpo ci “gridasse” per essere ascoltato. Questo accade in relazione al fatto che spesso non siamo nella condizione di poterci ascoltare, causa il continuo dialogo interiore subito durante la vita quotidiana; il sistema biologico, in questo caso utilizzerebbe così un canale del tutto eccezionale, un canale “d’emergenza”, come il sintomo. 
Tramite la meditazione, possiamo provare ad ascoltarci e quindi a prevenire le reazione dei conflitti interni ai quali non si è prestata abbastanza attenzione. 


LA VIA CHE HA UN CUORE

"Ogni strada è soltanto una tra un milione di strade possibili.
Perciò dovete sempre tenere presente che una via è soltanto una via.
Se sentite di non doverla seguire, non siete obbligati a farlo in nessun caso.
Ogni via è soltanto una via.
Non è un affronto a voi stessi o ad altri abbandonarla,
se è questo che vi suggerisce il cuore.
Ma la decisione di continuare per quella strada, o di lasciarla,
non deve essere provocata dalla paura o dall’ambizione.
Vi avverto: osservate ogni strada attentamente e con calma.
Provate a percorrerla tutte le volte che lo ritenete necessario.
Poi rivolgete una domanda a voi stessi, e soltanto a voi stessi.
Questa strada ha un cuore?
Tutte le strade sono eguali.
Non conducono in nessun posto.
Ci sono vie che passano attraverso la boscaglia, o sotto la boscaglia.
Questa strada ha un cuore? E’ l’unico interrogativo che conta.
Se ce l’ha è una buona strada.
Se non ce l’ha, è da scartare."

Carlos Castaneda,

Tramite tecniche meditative atte all'induzione dello stato del sogno lucido, proveremo a prendere contatto con quello che per noi è la "missione" della nostra vita, in altre parole quello che per noi è più sensato intentare in base ai nostri talenti e doti. 
 
 
In cammino con Castaneda. (Shamanesimo Toltecho)

Un esperienza di pratica delle arti dello shamanesimo toltecho. Dalla parte teorica introduttiva alla parte pratica in cui faremo esperienza delle diverse tecniche atte al raggiungimento della consapevolezza del sé direzionata verso una maggiore libertà decisionale delle proprie azioni e non azioni.
Tecniche:
Perdere la storia personale. Spostare il punto di unione per raggiungere stati di consapevolezza intensa. La morte come consigliera in contrapposizione al comportarsi come immortali. Consapevolezza dei Voladores. Passi magici. Ricapitolazione. Arte dell’agguato. Arte del sognare. Ascolto dello spirito. Silenzio interiore. Intento. Il fuoco dal profondo. 
 
MassaggiO vibrazionale rilassante e armonizzante

Regalati o regala questa esperienza unica nel suo genere.

Il bagno di suoni analogici di questo tipo è un'immersione nel suono che induce la meditazione spontanea, facilita la circolazione di energia vitale in tutto il corpo, favorisce il rilascio di stress, tensioni e dolori , risveglia la coscienza di trasformazione, sincronizza i due emisferi cerebrali, armonizza i corpi fisico/mentale/emozionale, dona un profondo senso di pace e benessere.
Ogni singola cellula del corpo viene massaggiata dolcemente e stimolata a riarmonizzarsi, agendo sui liquidi: il nostro corpo è composto per la maggior parte di acqua.



MASSAGGIO DELLO SBLOCCO EMOTIVO

Questo tipo di trattamento permette al corpo di aprire il respiro e con esso le emozioni che sono rimaste bloccate nelle nostre esperienze di vita. Sbloccare le emozioni ci permette di essere liberi e fluidi. Ci distacca dallo stress e dalle paure accumulate nel tempo.



MASSAGGIO EMOZIONALE PROFONDO

Questo tipo di massaggio permette a due individui di entrare in un contatto emotivo e fisico profondo. La persona che riceve il trattamento è in uno stato di accoglienza e si permette di ricevere quello che la persona che lo esercita si sente di donare. Una pura esperienza di piacere senza aspettative.


FRONTEGGIARE LA VITA SENZA MASCHERE O CON QUELLE CHE VOGLIAMO

Imparare ad essere consapevoli di che tipo di mascara portiamo e in che modo la usiamo nella vita. Una volta imparato a riconoscere il nostro ruolo o ruoli fissi, possiamo imparare ad usarli nel modo più funzionale o provare a cambiarli qualora ci potesse interessare fare nuove esperienze di ruolo. La vita vissuta senza consapevolezza scorre inesorabilmente verso la fine in un tempo accartocciato nella routine, la più limitante delle condizioni umane. Anche se si instaurano le routine a scopo funzionale, per aiutarci a limitare i potenziali pericoli che possono sorgere dall’ignoto, alla fine ci lasciano intrappolati nell’illusione del controllo dei pericoli ma che appunto si tratta solo di un’illusione e ci lasciano rigidi di fronte ai cambiamenti che sono inevitabili. Quando ci piomba addosso qualcosa, se siamo rigidi ci possiamo spezzare ma se siamo flessibili possiamo trascendere la difficoltà con più risorse. 


LABORATORIO DI PSICO-TEATRO

Il teatro come percorso di crescita personale. Un viaggio esplorativo nel proprio mondo interno, atto a riconfigurare la visione di sé e del mondo, avendo la possibilità di far esplorare le conflittualità intrapsichiche.
Permettendo ad ognuno di trascendere le proprie fissità e di sperimentare nuove forme di senso.
Uno spazio di pura espressione di sè, per esprimere, metaforizzando, le proprie istanze interne, con lo sguardo dell’altro, a fare da specchio riflessivo.
Far emergere quelle parti di noi, ormai sepolte, dalle grida del proprio “dittatore” interno (automatismo caratteriale). 


L'archetipo dell'eroe. La morte come consigliera

In questo intensivo si propone la possibilità di immergersi nell’esperienza della morte in senso figurato; la stessa, vissuta come spunto riflessivo e meditativo, può quindi essere messa propriamente in scena. Questo allo scopo di trascenderne la paura che, costantemente, ci attanaglia in ogni esperienza della vita, rendendo la vita stessa un continuo evitamento dell’esperienza in tutta la sua essenza.
Aprirsi alla morte vuol dire aprirsi alla vita.
Cercheremo appunto di trasformare la paura della morte in uno stato attentivo che migliorerà la qualità della vita. Essa migliora portando presenza al momento, che, a sua volta, amplifica l’intensità emotiva e la responsabilità delle nostre scelte, a supporto dello stato di coscienza e non del senso di colpa. Trasformando la morte in una consigliera, sarà quella che ci starà al fianco non più come condanna da cui scappare ma come colei che ci ricorda che tutto può avere un sapore più intenso proprio perché è effimero. Che la morte ci trovi vivi quando giungerà a noi.


TANTRA (contatto)

Il contatto fra una o più persone genera sensazioni, emozioni o sentimenti. Il contatto può essere di diverso tipo, da quello sensoriale, cioè visivo, olfattivo, tattile ecc… a quello emotivo o cognitivo. 
Nei diversi tipi di contatto possiamo sperimentare, un’esperienza empatica o proiettiva, cioè possiamo contattare l’altro con quello che ci arriva di esso, mettendoci nei “suoi panni”, oppure possiamo percepire il riflesso di noi stessi o di una terza persona. 
Questa può essere un’esperienza piacevole o spiacevole ma quello che conta è riconoscere consapevolmente quello che sentiamo rispetto all’esperienza fatta e cosa vogliamo farci di quello che sentiamo. 
Tutto ciò è fondamentale per migliorare la qualità di un rapporto, sia intimo, che di qualsiasi altra natura. 
Durante l’incontro praticheremo alcune meditazioni tantriche, sia di tipo statico che dinamico. 




πάντα ῥεῖ (Tutto scorre)

Aprirsi a quello che c’è, accogliendo quello che sentiamo e percepiamo ma anche concedersi la possibilità di lasciare andare tutto questo immenso “bagaglio” di emozioni e sensazioni, ci permette il naturale fluire delle energie psico-fisiche. 
Durante questa esperienza passata insieme, sperimenteremo varie forme di meditazione, portando un’attenzione particolare a sé stessi, quindi a quello che sentiamo e che desideriamo, permettendo alle energie del corpo e della psiche di fluire liberamente.


SOLSTIZIO D’INVERNO

Dal solstizio d'estate al solstizio d'inverno, le giornate diventano sempre più brevi e rigide. Osservandolo dall'Emisfero Nord, il sole sembra muoversi verso Sud, diventando sempre più piccolo e flebile. Le giornate più corte e la fine dei raccolti, vicino al solstizio d'inverno, simboleggiavano per gli antichi il processo della morte. Era la “morte” del Sole. Entro il 22 Dicembre, la morte del sole era pienamente compiuta, e dato che il sole si muove verso sud continuamente per 6 mesi, questo è anche il giorno in cui si trova nel suo punto più basso. Ora accade una cosa strana. Il sole smette di muoversi verso sud, almeno in modo sensibile, per 3 giorni. Durante questa pausa di 3 giorni il sole rimane nelle vicinanze della costellazione della Croce del Sud, o della Croce. E dopo questa pausa, il 25 Dicembre, il sole si muove di 1 grado, stavolta verso Nord, portando giorni più lunghi, calore, e la primavera. Per questo motivo si diceva: il Sole è morto sulla Croce, è rimasto morto per 3 giorni, e poi è risorto o rinato.

Propongo una meditazione guidata specifica, in uno dei giorni più bui dell'anno, per portare attenzione a quelle dinamiche, automatismi caratteriali ed intenti di cui siamo meno consapevoli. Approfittando del "buio" come metafora di ciò che è per noi meno visibile e su cui non portiamo attenzione nel nostro quotidiano. 


SOLSTIZIO D'ESTATE

dal latino solstitium, composto da sol-, "Sole" e -sistere, "fermarsi"
La Terra nel suo moto ellittico attorno al sole raggiunge il punto di declinazione massima nel solstizio d’estate dove per 3 giorni sembra quasi che il sole non si sposti dal suo percorso.
Quella del solstizio d’estate è una ricorrenza da sempre molto sentita, celebrata sin dalle primissime civiltà umane. In linea generale, si tende a ritenere che il fenomeno astronomico, determinando la giornata più lunga e soleggiata dell’anno, rappresentasse per i popoli antichi l’avvio di un periodo di fertilità, benessere e ricchezza. (forza-dualità Yin e Yang).
Allo stesso tempo, però, metaforicamente, si può intendere ed accogliere l'invito esistenziale a "fermarsi" per osservarsi ed osservare meglio quello che c'è nel quì ed ora della nostra vita quotidiana.
Gli attributi conferiti al sole e alla luce da esso generata in maggior quantità in questi giorni del solstizio, hanno anche una valida connotazione scientifica:
il nostro organismo, e in particolare, il sistema nervoso e quello endocrino riceve, attraverso la luce, preziosi stimoli che ne regolano il corretto funzionamento. Gli stimoli luminosi arrivano a determinate regioni come l’ipotalamo che regola la produzione di serotonina e di cortisolo, e l’epifisi che regola la produzione di melatonina. In questo modo, il sistema neuro-endocrino mantiene quella ciclicità che ci fa sentire bene.
Se questa ciclicità viene persa si determinano dei disturbi che possono causare sofferenza e scadimento della qualità di vita. 
La luce è in grado d'influenzare le capacità di apprendimento e di disturbare l'umore, agendo su specifiche cellule della retina, le gagliari.
E' un fatto sperimentato che le variazioni di luce possono alterare negativamente l'umore e le funzioni cognitive: per esempio, l'esigua durata del giorno durante l'inverno, può portare a sindromi depressivi.
In questa meditazione (dal lat. meditāri, riflettere, iterativo di medēri ‘curare’), proveremo a portare attenzione al nostro organismo in questo stato di maggiore stimolazione serotonica e al nostro mondo interno, per osservare quegli aspetti personali della vita quotidiana in cui manca una spinta verso quello che più ci piacerebbe fare, sfruttando questa condizione organismica favorevole grazie alla quantità di luce che essa assorbe in questi giorni.



RABBIA E AGGRESSIVITA’

Rabbia, dal latino “rabi-es” agire violentemente, infuriare. Essa è una delle 5 emozioni di base, le altre sono paura, tristezza, gioia e disgusto. Ovviamente le emozioni sono funzionali alla sopravvivenza come energie psicofisiche utili, come dice la parole stessa ( dal latino “emovere”), a muovere quello che viene attivato dentro di noi da un determinato evento reale o immaginario che sia. Di per sè la rabbia è funzionale a proteggere il proprio “territorio”, anche se il concetto di territorio per noi esseri umani, può essere considerato molto vasto, non solo per quelli che consideriamo i nostri oggetti ma anche quelle che consideriamo le “nostre” persone, es. Mio figlio, mio marito, il mio amico, ecc… Da questo punto di vista i “territori” da difendere o conquistare possono diventare troppi e l’attivazione della rabbia può verificasi con molta frequenza. Il problema non è la rabbia di per sè, che è funzionale al contesto, ma in parte per il senso di possessione che proiettiamo su molto di quello che ci circonda nella nostra vita, e soprattutto per l’incapacità di farci qualcosa con questa emozione, cioè di “muoverla” verso l’oggetto dell’attivazione della rabbia stessa. Siccome agire la rabbia porta delle conseguenze e non agirla ne porta delle altre, spesso, restiamo con un senso di malessere interno, cioè in uno stato umorale di nervosismo. A questo punto diventa importante trovare una forma creativa per esprimerla e quindi diventa importante imparare contattare la propria aggressività, dal latino “ad-gredior”, andare verso, trovando modalità espressive supportabili per persona che la esperisce. 
Spesso la rabbia diventa anche il “rifugio” da forti emozioni dolorose, tipo una grossa paura o forte tristezza, e diventa un “anestetico” naturale per esse. Infatti, quando ci si arrabbia, non si sentono il dolore e l’angoscia, perché siamo carichi di adrenalina.
Scopo del laboratorio è quello di lavorare su episodi specifici che hanno attivato la rabbia e imparare a trovare nuove modalità espressive per essa e di sperimentare specifiche forme di meditazione che aiutano a non allargare troppo il senso di possessività verso gli oggetti e soprattutto verso persone considerate, a volte, come tali. 


POESIANDO

La poesia comincia quando un emozione ha trovato il pensiero e un pensiero ha trovato le sue parole.
(Robert Frost)

Poesia, dal gr. poiéō ‘faccio, produco’
La poesia come metafora dell’espressione del modo interno e di quello che ci suscita, in relazione alla nostra “anima”. 
Metafora, dal gr. metaphorá ‘trasferisco’, porto fuori quello che ho dentro in una nuova forma linguistica che mi aiuta a far capire il senso di quello che provo all’altro. 
In questo incontro praticheremo meditazioni specifiche che possano aiutare la persona a metaforizzare il senso di quello che si “sente”, in chiave poetica o semplicemente, metaforica, il “come se”… 
L’esprimere tramite metafora o in forma poetica ciò che sentiamo è necessario per non accumulare tensioni emotive che generano malessere; oltremodo, il senso estetico del linguaggio prende forma tramite la poesia. Nel caso in cui una persona volesse, potrà portare piccoli brani poetici di suo gradimento da leggere per condividerli emotivamente con gli altri partecipanti, oppure semplicemente ascoltando l'effetto che fa... 

La poesia non è fatta di queste lettere che pianto come chiodi, ma del bianco che resta sulla carta.
(Paul Claudel)


PERDERSI PER RITROVARSI

Perso, ritrovato, smarrito, fermo, e ancora perso, in una continua scelta e di conseguenza in una continua rinuncia a… a cosa? 
A una miriade di possibilità che mi si presentano e che continuamente cerco.
Ma cosa sto cercando? Cosa aspetto che mi arrivi? 
Desideri di amore, di considerazione, di approvazione, di passione, di bisogni e ancora e ancora e ancora… basta!
Troppo. È troppo quello che voglio? 
e molte volte forse è troppo poco… nel dubbio continuo, continuo a cercare, a cercare a cercare e ancora e ancora e ancora… 

Durante questa esperienza, sperimenteremo varie forme di meditazione, portando un’attenzione particolare a sé stessi, rispetto alla possibilità di "perdersi" ma per poi "ritrovarsi" permettendo alle energie del corpo e della psiche di fluire liberamente.
 
 
L’AIUTO NELLE RELAZIONI INTRAPERSONALI E INTERPERSONALI

Tutto è in relazione: dagli animali, alle piante, al mondo cellulare; per quest’ultimo, in particolare, si parla di metabolismo. Relazionarsi è, infatti, scambio. Noi, come persone, siamo in continua relazione - quindi in scambio - con tutto ciò che ci circonda e con il nostro mondo interno.
Dal momento della nascita iniziamo ad entrare in relazione con le persone intorno a noi, in particolare con la mamma. Senza questo scambio saremmo morti. Da un certo punto in poi diventa, tuttavia, necessario entrare in relazione con noi stessi (relazione intrapersonale), per far sì che le nostre relazioni interpersonali siano di buona qualità. Per esempio, il senso di solitudine, che di solito ci porta ad accontentarci oppure ad attaccarci a delle relazioni disfunzionali o poco interessanti, nasce dall’incapacità di essere in relazione di cura con noi stessi. In questo caso, è come se il bambino interiore non si sentisse preso in carico dal genitore interno che non riesce neanche ad immaginarselo, causa la mancata capacità riflessiva che ci permette di vederci e di empatizzare con noi stessi. Quel bambino interno si sente, allora, solo, abbandonato, in uno stato di vuoto terribile senza rassicurazione né consolazione alcuna; chiaramente, dunque, si attacca a chiunque gli dia un minimo di scambio relazionale, anche se di bassa qualità o, addirittura, di pessima qualità.  Ciò gli è funzionale a non vivere l’angoscia della solitudine, quindi al senso di morte.
L’aiuto che un operatore può dare ad una persona è composto da molteplici aspetti in miriadi di sfumature. Tutto dipende dalle tecniche che utilizza e dalla sua capacità empatica ed intuitiva. Come tutte le cose, anche la relazione di aiuto si può apprendere, nonostante per alcuni sia una predisposizione.
Lo scopo di questo incontro è quello di portare alcuni esempi pratici di come poter aiutare ad aiutarsi nel mondo delle relazioni, quindi nella vita quotidiana.
 
PREVENIRE LE DELUSIONI

E’ possibile una vita senza delusioni?
Questo il tema di questo laboratorio esperienziale, in cui tratteremo l’argomento e faremo pratica per imparare a vivere con meno delusioni possibili.
La Delusione nasce dall’ILLUSIONE. quel sentimento sfumato di rabbia, che nasce quando vediamo disattese le nostre ASPETTATIVE, quando gli eventi non corrispondono a ciò che credevamo, o speravamo.
Ma se gli eventi futuri non sono prevedibili come è possibile non vivere di delusioni nel  momento in cui quello che accade non corrisponde con quello che vogliamo?
Teoricamente è semplice ma ovviamente dipende dalla pratica. Si tratta di imparare a DESIDERARE ma non PRETENDERE quello che vogliamo. Certo nel momento in cui quello che desidero non si avvera, probabilmente non ne sarò felice ma non mi sentirò neanche arrabbiato e sconfitto. Imparare a desiderare a cuor leggero non è facile, perché da bambini difficilmente ce lo permettevano veramente. C’è un detto che dice: “L’erba voglio non esiste nemmeno nel giardino del RE”. Il messaggio che passa è abbastanza castrante per un bambino che prova a desiderare usando un termine che coglie dalla società, soprattutto quando i genitori o le figure genitoriali, mal interpretano il termine “voglio”. E’ come se quando dicevamo voglio, per la logica dell’adulto si intendeva un “contratto” da rispettare assolutamente ed immediatamente. Questa mal interpretazione è causata dalla rigidità che acquisiamo con il tempo, che ci lascia molte delusioni alle spalle, per tutto quello che abbiamo voluto con forza ma con molta paura e scoraggiandoci  solo nel permetterci di volerla, è come un “cane che si morde la coda”.
Sentirsi sconfitti abbassa l’auto-stima e può generare uno stato di paura riferito all’oggetto della delusione e potrebbe bloccarmi nel poter riprovare a fare quella determinata cosa in futuro, ma soprattutto la condizione che vivo è deleteria per il mio stato psico-fisico che tende ad accumulare queste tensioni emotive e non trova spazio all’espressione.


LO SFIDANTE ( le voci)

Il nostro pensiero si struttura sotto forma di voci interne da quando apprendiamo il linguaggio intorno ai tre anni di età. Queste voci, che sono quello che ci raccontiamo e ci diciamo in continuazione, nello stato di veglia, possono essere considerate una tutela per il nostro comportamento o un limite, ma in alcuni casi possono trasformarsi addirittura in un ossessione. In molte culture queste voci vengono viste come uno sfidante.
Durante questo esperienziale praticheremo alcune tecniche meditative atte a contattare queste voci interne, non solo per dare appunto voce a loro ma anche per poter creare un dialogo fluido o nel caso ossessivo lasciarle andare, con lo scopo di alleggerire o far fluire il carico emotivo che generano. 



LA COPPIA

L'amore è il perno attorno al quale ruota la vita della maggior parte di noi.

La vita di ognuno di noi, il nostro destino, sembra a volte legato all'altro. Il comportamento dell'altro nel quotidiano, nelle piccole e nelle grandi cose, può metterci in aspettativa...e quando le aspettative vengono deluse inevitabilmente si entra in crisi. Cosa fare? Ognuno di noi sceglie una soluzione: il diaologo, il quieto vivere, salvaguardare ciò che più ci sembra importante, rimandare il confronto, tradire, ignorare, provocare... tante altre ancora possono essere le possibili soluzioni, ma spesso nessuna ci appaga veramente e soprattutto nessuna è la soluzione definitiva.Cosa ci spinge a scegliere tante soluzioni ignorando cosa noi davvero desideriamo?

Sarebbe leggittimo chiedersi cosa manca nel nostro rapporto, cosa non siamo riusciti a costruire, cosa non avremmo voluto, in quale momento e perchè siamo andati in crisi, siamo davvero capaci di ascoltare noi stessi e l'altro, capire davvero i nostri bisogni e quelli dell'altro... e tant'altro ancora!

In questo laboratorio cercheremo di consapevolizzare ciò che accade nel quotidiano di ognuno nella relazione con l'altro e senza giudizio, cercheremo di trovare le strade percorribili più adatte a noi.
 

IL SUONO CHE CURA

dal lat. meditāri, riflettere, iterativo di medēri ‘curare

La meditazione come forma di rilassamento, di attenzione a sé, ai propri bisogni, alle proprie emozioni, per gestirle ed esprimerle. Allo scopo di migliorare la qualità della vita. Aprirsi a quello che c’è, accogliendo quello che sentiamo e percepiamo ma anche concedersi la possibilità di lasciare andare tutto questo immenso “bagaglio” di emozioni e sensazioni, ci permette il naturale fluire delle energie psico-fisiche.

In questa occasione la meditazione ci predisporrà all'accogliere i suoni dei gong, campane tibetane e altri strumenti a 432hz.
"I suoni aiutano a risvegliare le virtù delle emozioni, al di là di accezioni positive o negative, comunemente utilizzate, in una visione più archetipica. 
Riportano un equilibrio armonico fra mente, spirito e "anima".
I suoni guariscono gli stati di malessere fisico poiché toccano corde profonde e aiutano l'evoluzione emozionale e spirituale.
Meditazione guidata, accompagnati dai suoni dei gong, campane tibetane e di cristallo, campana tubolare 528hz, strumenti etnici ed evocativi, canto armonico.
Il bagno di suoni analogici di questo tipo è un'immersione nel suono che induce la meditazione spontanea, facilita la circolazione di energia vitale in tutto il corpo, favorisce il rilascio di stress, tensioni e dolori , risveglia la coscienza di trasformazione, sincronizza i due emisferi cerebrali, armonizza i corpi fisico/mentale/emozionale, dona un profondo senso di pace e benessere. Ogni singola cellula del corpo viene massaggiata dolcemente e stimolata a riarmonizzarsi, agendo sui liquidi, visto che il nostro corpo è composto per la maggior parte di acqua.


L’AMORE INCONDIZIONATO

L’amore incondizionato esiste davvero dentro ognuno di noi. È parte del nostro Io più profondo. Non è un’emozione attiva, ma un modo di essere. Non è un “ti amo” detto per un motivo o per l’altro, non è un “ti amo se mi ami anche tu”. È un amore senza motivo, un amore senza oggetto.
-Ram Dass-

In questa occasione una meditazione sull'amore incondizionato.

La meditazione come forma di rilassamento, di attenzione a sé, ai propri bisogni, alle proprie emozioni, per gestirle ed esprimerle, per aprirsi a quello che c’è, all’accogliere e non al contrastare. Allo scopo di migliorare la qualità della vita.

(Durante il periodo di formazione in psicoterapia, un docente ci disse; “ so che non dovrei dirlo, perché va a sfavore della nostra professione, ma se tutti praticassero una qualsiasi forma di meditazione, il nostro mestiere non avrebbe senso di esistere”. Mi colpì molto quello che disse, e lì per lì rimasi dubbioso, ma dopo anni di pratica personale, colgo a pieno le sue parole.)


INTENTO E DESIDERI legge risonanza

Il primo passo è la curiosità, senza essa è difficile desiderare, più conosco, quindi più guardo oltre gli schemi e più desidero. Ma come faccio a realizzare i miei desideri? 
Questo il tema dell’ incontro esperienziale, dove praticheremo varie forme di meditazione canalizzatrici di queste energie. Lo scopo è di migliorare la qualità di vita della persona. 


IL VUOTO FERTILE

Fra sè e l’altro e fra sè e se stessi, c’è uno spazio vuoto. Appena veniamo al mondo, dopo la separazione dalla madre tramite il parto, cerchiamo in tutti i modi di colmare questo vuoto che prima sembrava non esserci. 
Quindi in ogni relazione, che si tratti di relazione di coppia, genitoriale, intrapsichica, ecc… è importante imparare 
ad abitare questo spazio vuoto, cioè la distanza che c’è fra le parti. 
Siccome questa distanza può variare ma non può mai essere colmata del tutto, l’unico modo per sopperire a questa "mancanza" è imparare a stare con il senso di vuoto,
che se vissuto con "presenza", con attenzione, può diventare "fertile", cioè da esso può emerge l’elemento terzo fra le due parti, cioè l'elemento relazionale specifico ed unico che si distingue in ogni relazione, è come se non si fosse più in due ma in tre, io tu e "noi". Questo è importante sia per le relazioni fra due individui che fra le proprie istanze interne. Dal "noi" può nascere, qualsiasi cosa se appunto rendiamo possibile la "fertilità" del vuoto che c'è fra le parti.
Durante questo incontro faremo esperienza meditativa dell’imparare ad abitare il vuoto, cercando di far emergere l’elemento "sano" della relazione fra gli individui e nell'individuo stesso. 


GESTIONE DEL TRASFETR E CONTRO TRANSFERT NEL CON-TATTO

La relazione fra due persone genera contatto, il contatto può essere di diverso tipo, per esempio può essere emotivo, relazionale, fisico… se il contatto prende forma fisica, le possibilità che si verifichi il tranfert è molto alta. Cos’è il tranfert? Il tranfert, come dice la parola stessa, porta con se qualcosa, trasferisce da me all’altro una serie di emozioni e proiezioni. Le proiezioni possono essere di varia natura, ma fondamentalmente si riferiscono al “come se..” cioè alla metafora. Lui/lei è come se fosse la mia fidanzata… o come se fosse mio padre… è evidente che di fronte a questa “allucinazione” la persona che trasferisce una proiezione sull’altro e ci “deve fare i conti”. Ma non è molto diverso quello che accade per la persona sulla quale il ranfert viene proiettato, infatti anch’essa deve comunque “farc i conti” con questa proiezione. È come se fosse inondata da qualcosa che non gli appartiene e a volte la situazione può prendere una piega non facile se non si impara a “togliersi di mezzo”, cioè a non prenderla sempre sul personale. Infatti, avviene quello che tecnicamente viene chiamato contro transfert.
Di solito questo accade soprattutto con tutti gli operatori che fondano il loro lavoro sulla relazione di aiuto, di qualsiasi genere si tratti. In questo esperienziale proveremo a gestire appunto il transfert e il contro tranfert in episodi che l’operatore riporta come scomodi, esperiti durante il suo lavoro.


GRAZIE

La meditazione del ringraziamento è fondamentale per accorgersi quanto i nostri intenti abbiano seguito quanto abbiamo chiesto e fare un punto della nostra situazione. Ringraziare però è anche la condizione in cui noi ci poniamo di fronte ad un intento che vorremmo si realizzasse, ma che a prescindere dal risultato siamo felici di aver desiderato. Questo è fondamentale per spostare internamente le fissità de mondo interno che rendono ossessivi i nostri pensieri. Pretendere, aspettarsi o illudersi di qualcosa fa cadere nella frustrazione che le cose vadano in un certo modo. Ringraziare ci dà la possibilità di esprimere la gratitudine per ciò che ci viene concesso. 
 


DESIDERARE

La differenza tra quello che desideriamo e ciò che temiamo è appena più spessa di una ciglia.
(Jay McInerney)

Sentire la mancanza di qualcosa, avere bisogno di qualcosa.

Nella nostra cultura, spesso, alcuni desideri sono considerati peccato..
Durante questo esperienziale cercheremo di attraversare i diversi stadi del sonno con un certo livello di consapevolezza, tramite tecniche meditative specifiche, per prendere coscienza dei nostri desideri più intimi senza giudicarli, ma cercando di accoglierli per quello che sono. Una volta focalizzati, cercheremo, utilizzando l'intento ( generatrice di onde di probabilità). di dare loro una direzione anche tramite la messa in scena.


IL FLUSSO VITALE

„Un giorno lei giungerà ad una stretta tra le rocce, dove il flusso della vita s’infrangerà in un vortice tumultuoso e schiumeggiante e allora o lei finirà sbriciolata su quelle cime scabre, oppure, sollevata da un’onda potente, si troverà a fluttuare in acque assai più calme, come è accaduto a me.“
Tratto dal libro “Jane Eyre”
 


ACCOGLIERE E LASCIARE ANDARE

Aprirsi a quello che c’è, accogliendo quello che sentiamo e percepiamo ma anche concedersi la possibilità di lasciare andare tutto questo immenso “bagaglio” di emozioni e sensazioni, ci permettere il naturale fluire delle energie psico-fisiche, evitando che esse possano “ristagnare” e farci vivere dei blocchi emotivi.
Durante questa esperienza passata insieme, sperimenteremo varie forme di meditazione, portando un’attenzione particolare a sé stessi, quindi a quello che sentiamo e che desideriamo, permettendo alle energie del corpo e della psiche di fluire liberamente, accompagnati dai suoni dei gong, delle campane tibetane e vari strumenti etnici.

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